Ho trovato davvero bizzarro che l’iniziativa rilanciata nelle scorse settimane da Forza Italia sullo ius scholae sia stata interpretata da alcuni come un cedimento a sinistra (ove mai, quale sinistra?). Assegnare un’etichetta a un principio di civiltà, come quello di cui stiamo parlando, denuncia infatti una miopia allarmante. Una miopia che non a caso si manifesta anche a proposito di tanti altri diritti che attendono di essere riconosciuti.
Sarebbe bene invece portare l’attenzione sul fatto che il tema della concessione della cittadinanza è strettamente legato alla questione dell’inclusione sociale e della sostenibilità demografica del Paese. Come evidenziato dalle previsioni demografiche dell’ISTAT, l’Italia sta attraversando un significativo cambiamento nella struttura della sua popolazione, caratterizzato da un calo delle nascite e da un aumento dell’invecchiamento medio. Una situazione che determina seri rischi per il futuro del sistema sociale, sanitario ed economico.
Garantire i diritti di cittadinanza ai bambini stranieri non solo rappresenta un’importante misura per l’integrazione, ma potrebbe anche contrastare il declino demografico. La mancanza di giovani può compromettere il mercato del lavoro e la sostenibilità del sistema pensionistico, aumentando la pressione sui servizi sanitari e sociali, che devono prendersi cura di una popolazione sempre più anziana. Concedere la cittadinanza a chi è nato e cresciuto in Italia, quindi, permetterebbe di ampliare la base della popolazione giovane e attiva, promuovendo una società più equa e inclusiva.
Lo ius scholae risponderebbe bene a tutto questo e non è un caso che trovi il suo fondamento nella Dichiarazione universale dei diritti umani e che, per restare alle piccole grandi cose di casa nostra, sia anche ben radicata nel programma elettorale del centrodestra, come Antonio Tajani ha già avuto modo di evidenziare in ogni occasione.
Un altro grande merito dell’introduzione dello ius scholae sarebbe quello di ridare centralità, appunto, alla scuola. Se qualcuno crede che il nostro sistema di istruzione non sia in grado di formare buoni italiani, ovvero giovani preparati, positivi e integrati, allora lo dica. Assumendosi, però, la responsabilità di affermare che questo limite sarebbe valido anche per coloro che sono già cittadini. Lasciatemi dire, invece, che questa riforma farebbe un gran bene alla nostra scuola e a tutti i nostri ragazzi, compresi quelli che italiani già lo sono.
Per apprezzare l’importanza dello ius scholae, se proprio non si riesce ad avvertire l’urgenza dei diritti del prossimo, basterebbe pensare semplicemente a quel che più ci conviene. Ricordando che un’Italia più accogliente e integrata si traduce in straordinari vantaggi. Perché l’integrazione porta con sé ordine sociale, sicurezza, ricchezza umana e culturale e, di conseguenza, anche maggiore libertà per tutti, nessuno escluso.
da il Riformista