Bene le apertura della Chiesa sul #finevita, ma nessuna mediazione o trattativa sui diritti

Dal Vaticano arrivano importanti segni di apertura sul delicato tema del fine vita. È una notizia che va accolta positivamente poiché potrà essere di incoraggiamento per quanti politicamente sono ancora in forte ritardo su argomenti che in realtà nella nostra società incontrano già da tempo un favore deciso e diffuso.
È questo uno dei tanti fronti caldi che l’evoluzione dei diritti civili certamente dovrà scardinare. Come per tanto altro, non si tratta di capire se avverrà, ma solo quando. Proprio come è avvenuto ad esempio per il suffragio universale, la pari dignità della donna, il divorzio, l’aborto e tanto altro.

Capire che queste forme di progresso sono inevitabili, che il corso della storia è segnato e che non è in alcun modo modificabile, potrebbe aiutare a chi ancora ottusamente resiste a capire che procedere più speditamente risparmierebbe inutili sofferenze a tante persone che hanno enorme bisogno di vedere riconosciuti i propri diritti, anche nell’ambito dell’autodeterminazione.

L’apertura del Vaticano si deve a un documento che contempla la possibilità “di una mediazione” sul terreno dell’accanimento terapeutico e segnatamente sulla sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione. Da un lato un progresso, ma da un altro anche la rivendicazione di una titolarità in una trattativa che in realtà non deve avvenire e che non ha alcun senso.
È bene che la Chiesa cambi idea, come ha fatto – sia pur sempre in ritardo – già decine di volte, ma lo Stato non dovrà mediare proprio con nessuno, in particolare nel delicato compito di riconoscere diritti fondamentali.

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