Caso Toti. Non si possono barattare i diritti politici per la libertà

Le dimissioni di Giovanni Toti dalla guida della Regione Liguria segnano un punto di svolta nella vicenda che lo ha coinvolto: un passaggio che giustifica una serie di interrogativi tanto sull’inchiesta che ancora oggi lo vede costretto alla detenzione domiciliare, quanto sul modus operandi dei magistrati che stanno indagando.
Se le dimissioni sono il frutto di una libera determinazione di Toti, il quale potrebbe aver fatto delle valutazioni politiche, considerando infine che fossero inevitabili, allora non si può che rispettare la sua scelta. Se però questo atto fosse il risultato di una serie di pressioni sul governatore, il quale dopo circa tre mesi di custodia cautelare, sia pur domiciliare, si è trovato nella infelice e indegna condizione di dover scegliere tra la libertà e l’esercizio dei suoi diritti politici, allora la cosa cambierebbe e di molto.
I dubbi su quello che sta avvenendo non mancano e suscitano inevitabilmente inquietudine e indignazione. Vicende del genere dovrebbero essere completamente estranee alle dinamiche di uno Stato di diritto, e in alcun caso si possono accettare.

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