Le classifiche di questo tipo vanno sempre prese con le pinze, ma qualcosa dovrà pur significare se nell’ultima graduatoria diffusa in queste ore, la “QS World University Rankings: Europe”, figurano solo quattro università italiane nei primi cento posti e nessuna nei primi dieci.
Una notizia che fa pensare perché la qualità delle nostre università è sempre stata motivo di orgoglio per il nostro Paese. Però, come per tutte le cose, perché il livello dei servizi resti alto bisogna che non manchi continua attenzione e una visione sempre proiettata al futuro.
Uno dei dati principali, per i quali questa classifica non ci premia, è il tasso di occupabilità dei neolaureati. Certo, come indica lo stesso report, bisogna rafforzare i collegamenti tra campus e industria e migliorare la preparazione al lavoro dei laureati, ma forse questo dato non è frutto solo del ritardo degli atenei ma ha a che vedere con un contesto – quello dell’impiego – che fa fatica nel suo complesso.
Sono tuttavia convinta che i nostri atenei, forti in molti casi di tradizioni secolari, possano tornare a distinguersi garantendo offerte formative invidiabili rispetto al resto d’Europa. Dobbiamo però sostenerli, affinché non manchi tutto il necessario a questa sfida che è vitale per il progresso del nostro Paese.
E poi, un aspetto che affronto per ultimo ma è che per me il più importante: i nostri studenti. Dobbiamo incoraggiarli, perché non dubitino dei loro mezzi e non abbiano mai timore di mettersi in gioco inseguendo le loro aspirazioni.