55 suicidi in carcere dall’inizio dell’anno. Un’emergenza indegna del nostro Paese

Nel carcere di Monza un detenuto di quarantacinque anni si è tolto la vita mettendosi un sacchetto di plastica in testa. Sembrerebbe solo la tristissima notizia di un’esistenza finita in tragedia, la storia di un caso isolato, di un uomo inciampato nel peggio che possa capitare a una persona: decidere di togliersi la vita.
Purtroppo però non si tratta solo di questo, perché di suicidi in carcere quest’anno ce ne sono stati già più di cinquanta. E lo stesso è avvenuto un anno fa, e l’anno prima ancora e poi quello prima e via dicendo, fino al dato di circa 1800 suicidi in circa 30 anni. Un’ecatombe che dimostra plasticamente che qualcosa non va: più di qualcosa, in realtà.

Se non bastassero questi numeri a dare la cifra delle condizioni degli istituti penitenziari italiani, aggiungiamo che in questi primi sette mesi del 2024 si sono tolti la vita anche sei agenti di Polizia Penitenziaria. Sì, perché la situazione è insostenibile anche per coloro che, lavorando negli istituti di pena, lì dentro finiscono per viverci e qualcuno anche per morirci.

Quando si parla dei problemi del sistema carcerario si ricorre sempre alla solita ma difficilmente smentibile citazione di Voltaire, secondo cui la civiltà di un paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri. Beh, questo io non lo accetto. Questa non è l’Italia. Questa non può e non deve essere l’Italia.

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